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IV congresso dell’Unione delle Comunita’ ebraiche italiane

IV congresso dell’Unione delle Comunita’ ebraiche italiane
Roma, Hotel Villa Pamphili, lunedì 24 giugno 2002


Sono veramente lieto di poter incontrare le comunità ebraiche italiane e ringrazio il Presidente Luzzatto per il suo invito a partecipare a questa seduta pubblica del vostro IV congresso nazionale.

Ho molto apprezzato il taglio che il Presidente Luzzatto ha dato alla relazione con cui ha aperto il congresso. Essa infatti delinea i tratti di una realtà ebraica straordinariamente integrata con il tessuto civile e culturale del nostro Paese; una comunità che vuole riaffermare con forza le sue radici ed il suo legame profondo con Israele, ma che intende allo stesso tempo rimanere fedele alla sua storia ed alle tradizioni che la legano da tempi antichissimi all’Italia, e che non sono venute meno neanche nei periodi drammatici della discriminazione e della persecuzione.

Allo stesso modo ho apprezzato la sincerità e la schiettezza con cui la relazione ha posto sul tappeto le grandi questioni di questi ultimi mesi, il rapporto con lo Stato d’Israele nel pieno di un tragico conflitto con i palestinesi ed il mondo arabo, il manifestarsi di un nuovo antisemitismo in numerosi paesi europei, la necessità di dialogare con tutte le forze politiche italiane, con prudenza, ma senza pregiudizi e senza rendite di posizione.

Ho già avuto modo più volte di esprimere pubblicamente il mio pensiero sulle prospettive di soluzione del conflitto israeliano palestinese.

Lo faccio nuovamente in questa circostanza, di fronte agli amici delle comunità ebraiche italiane, consapevole che il rapporto di forte e stabile amicizia fra il nostro Paese e lo stato di Israele, permette di usare il linguaggio della sincerità con la prospettiva di comprendersi sempre al meglio. Nulla è infatti più umiliante, per contraddittori intelligenti, di una sterile compiacenza o di un discorso di convenienza.

C’è fra Italia e Israele, anche grazie al vostro contributo, un ampio nucleo di valori condivisi, che traggono origine dalle comuni scelte di libertà e di democrazia. C’è una pratica costante di cooperazione istituzionale che è stata ancora in questi giorni confermata e rafforzata dalla visita che il Presidente della Knesset, Avraham Burg, ha reso alla Camera dei deputati, pur nella drammatica situazione in cui versa il suo Paese.

E’ in questa cornice di amicizia e di fiducia, che anche le parole del Presidente Burg hanno voluto consolidare, e che è simboleggiato dall’applauso generale con cui l’Assemblea ha accolto questo nostro ospite, che ho parlato della necessità che la comunità internazionale, e l’Europa in prima fila, si assumano l’onere di garantire il diritto dello Stato d’Israele di esistere entro confini sicuri, ed il diritto dei palestinesi di avere un proprio territorio, ed un proprio Governo.

Mi rendo conto che queste sono parole persino difficili da pronunciare, mentre Israele si trova ad affrontare il dramma di un terrorismo sempre più terribile; e comprendo anche che il vostro punto di vista metta l’accento soprattutto sulla difesa dell’integrità e della sicurezza dello stato d’Israele.

Ma la mia convinzione, che in tutta semplicità voglio affidare ad un ragionamento comune, è che la sicurezza d’Israele non sia necessariamente incompatibile con il riconoscimento di uno Stato anche per i palestinesi. E comunque un conflitto permanente con il mondo arabo, non favorisce certo la sicurezza dei cittadini israeliani, esposti continuamente al pericolo di atti terroristici.

La linea dell’Italia è costruita sul principio dei due popoli e due stati, ed è stata confermata dalla Camera dei deputati con le mozioni approvate sin dallo scorso dicembre, dalla quasi totalità dell’Assemblea. Una linea che riconosce la centralità del diritto alla sicurezza per lo Stato d’Israele.

Sicurezza che comprende anche la delicata questione della compatibilità tra riconoscimento di uno stato palestinese e mantenimento del diritto di rientro dei palestinesi nello Stato di Israele. Un problema, questo, che il Presidente Burg ci ha illustrato con grande nettezza, mettendo in rilievo le forti preoccupazioni, certamente condivisibili, con cui si guarda in Israele a tale questione.

C’è un punto della relazione del Presidente Luzzatto che mi ha particolarmente colpito: la sua preoccupazione di comunicare all’opinione pubblica italiana che l’esistenza di Israele è un valore irrinunciabile per tutto il mondo civile, non solo per l’ebraismo.

Io condivido questa esigenza e la necessità di non limitare l’immagine di Israele al solo conflitto in atto; le comunità ebraiche italiane possono fare molto per documentare nel nostro paese il contributo insostituibile che Israele ha dato e continua a dare in molti settori della scienza e della cultura, nella produzione letteraria, o attraverso gli straordinari risultati nelle neuroscienze ottenuti dalla scuola del Professor Feuerstein.

Riconoscere la ricchezza dell’esperienza culturale e civile dello Stato ebraico, ma anche la grande storia e la vitalità delle comunità ebraiche sparse nel mondo, e di quella italiana in particolare, può consentire di prevenire quei pregiudizi che sono l’anticamera dell’antisemitismo.

Un antisemitismo che può purtroppo riprendere forma anche ai nostri giorni, come ci ricordano alcuni recenti episodi in Francia e Germania.

Su questo punto la relazione del Presidente Luzzatto è stata forse un po’ troppo severa con il nostro Paese, anche se giudico importante, nel momento in cui lo Stato di Israele è al centro dell’interesse dell’opinione pubblica europea ed italiana, riflettere sul pericolo dell’antisemitismo, come ha fatto il Presidente Luzzatto e come continuano a fare oggi sulla stampa personalità della politica e della cultura.

Io sono convinto che in Italia la mala pianta dell’antisemitismo abbia minori probabilità di attecchire presso la nostra popolazione. Può essere espressione di schegge impazzite e criminali della società, ma non certo fenomeno di massa, né espressione di odio verso un’intera popolazione, verso un’intera fede, verso un’intera cultura.

Vorrei che tutti riflettessimo su questo punto con grande prudenza, giacché evocare la presenza dell’antisemitismo nella nostra società, o in alcune forze politiche, o nella Chiesa cattolica, mostra un’immagine sbagliata del nostro Paese. Ma soprattutto non mi convince il fatto che si sollevi la questione dell’antisemitismo in Italia rispetto a critiche rivolte alla politica di Israele; non mi convince perché credo che un grande popolo possa trovare forza e sostegno nella sua cultura e nella sua storia plurimillenaria per non liquidare ogni critica come una espressione di antisemitismo.

Del resto, ciascuno può vedere quale sia lo straordinario livello di integrazione delle comunità ebraiche italiane nel tessuto sociale del nostro Paese, in tutti i settori, dalla produzione alla cultura, dalle scienze allo spettacolo: ci sono eminenti personalità ebraiche – cito per tutte Rita Levi Montalcini - che oggi rappresentano veramente l’Italia nel mondo, la cultura italiana, la scienza e la ricerca italiane.

Oltre a ciò, nel nostro Paese è ancora vivo e nitido il ricordo delle ferite del passato, dei lutti e delle lacerazioni provocate dalle persecuzioni nazifasciste. Il ricordo è nitido ed è ben sveglia la coscienza della memoria. L’Italia, forse più di ogni altro Paese europeo, ha riflettuto sulla tragedia della Shoah, e sulle corresponsabilità italiane.

Gli anni durissimi della Resistenza, durissimi per i partigiani, ma anche per la popolazione civile che aiutò moltissimi ebrei a sfuggire alla deportazione, hanno riscattato il nostro popolo davanti agli ebrei, hanno riscattato l’indifferenza verso le leggi razziali e la collaborazione con i nazisti nella persecuzione.

La Resistenza ha permesso di riallacciare il legame storico del nostro popolo con le comunità ebraiche italiane ed i valori che furono alla base della Resistenza sono ancora oggi nella Carta che sancisce il patto fondamentale fra tutti i cittadini e l’Italia.

La memoria delle discriminazioni, delle persecuzioni, della Shoah è fortissima e radicata ancora oggi nel nostro Paese, anche nelle giovani generazioni. Io sono rimasto molto colpito, ad esempio, dalle reazioni che ho colto nell’opinione pubblica e in tantissimi cittadini a seguito della programmazione televisiva di una fiction su Giorgio Perlasca e sulla storia degli ebrei ungheresi durante la seconda guerra mondiale.

Non è cambiato, amici, il giudizio di netta ed inequivocabile condanna delle discriminazioni e delle persecuzioni, e questo resta il migliore antidoto verso il rinascere dell’antisemitismo.

La Camera dei deputati ha fatto la sua parte per mantenere vivo nella cittadinanza il ricordo della tragedia del popolo ebraico. L’approvazione della legge sulla Giornata della memoria è stata un passo decisivo per collocare la Shoah nella storia del Novecento italiano, per trasformare questa tragedia in una tragedia italiana.

Molte sono poi state le iniziative che la Camera dei deputati ha dedicato a questo tema, per alimentare il coraggio della memoria, iniziative sulle leggi razziali, sulla tragedia di Auschwitz o del Ghetto di Varsavia, sul destino degli ebrei ungheresi e sull’opera, già ricordata, di Giorgio Perlasca.

Ecco perché ho fiducia nella capacità del popolo italiano di respingere l’antisemitismo, credo nella sua capacità di costruire un futuro che sappia trarre dal passato i giusti insegnamenti.

Come credo nei valori dell’Italia Repubblicana, che ha saputo conciliare le forti tradizioni cattoliche della popolazione, con una cultura matura della convivenza religiosa e con il riconoscimento, attraverso le intese, delle diverse minoranze.

Non c’è spazio nel futuro del nostro Paese, in un futuro che guarda al sempre più pressante processo di unificazione dell’Europa, per una società che non riconosca pari dignità alle diverse espressioni religiose, pari diritti alle diverse culture, pieno riconoscimento alle minoranze.

Lungo questo percorso dovranno muoversi le istituzioni italiane e sono certo che il contributo delle vostre comunità potrà favorire e rendere più rapido e sicuro questo cammino.