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Conferenza internazionale multidisciplinare sui tumori femminili

Conferenza internazionale multidisciplinare sui tumori femminili
Bologna, 10 giugno 2005

Voglio ringraziare l'amico Luciano Bovicelli per avermi offerto l'opportunità di portare il mio saluto a questo consesso così prestigioso. Saluto e ringrazio tutti i ricercatori, i clinici e gli autorevoli esperti della materia che stanno dando vita ad una assise di altissimo profilo scientifico, nel solco della lunga e prestigiosa tradizione accademica di Bologna.

Mi sembra in particolare che il taglio multidisciplinare cui i vostri lavori si ispirano si associ assai bene al carattere aperto e fattivo proprio di questa città. Al centro della discussione, come è naturale, c'è la scienza, con i suoi progressi, le sue difficoltà, le sue prospettive per il futuro.

E' chiaro però che un tema complesso come quello dei tumori femminili non può essere affrontato prescindendo dalla sua dimensione sociale: una dimensione che va di pari passo con gli sviluppi della ricerca e ne costituisce anzi il quadro di riferimento necessario.

I grandi problemi con cui vi confrontate giorno dopo giorno si intersecano con le preoccupazioni e le speranze di migliaia di persone. Ogni progresso realizzato grazie al vostro difficile e paziente impegno entra nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nei nostri luoghi di lavoro ed alimenta l'aspirazione di tutti noi ad un futuro più libero, affrancato dalle offese che la malattia arreca all'integrità ed alla dignità della persona umana.

Per questa ragione, credo sia doveroso da parte mia, sia come rappresentante delle Istituzioni sia come cittadino, ringraziare tutti coloro che si occupano del contrasto ai tumori femminili, per la serietà e la determinazione che spendono nella loro battaglia quotidiana e per la fiducia ed il senso di sicurezza che il loro impegno sa infondere in noi tutti.

E' un impegno difficile, il vostro, che abbiamo tutti il dovere di assecondare, ciascuno nel proprio ambito di responsabilità.

E' possibile farlo, ad esempio, diffondendo nel modo più ampio la cultura della prevenzione, in modo da renderne le pratiche un'abitudine mentale e parte integrante dei singoli gesti della nostra quotidianità.

Dobbiamo riconoscere che, negli ultimi anni, in questa direzione sono stati compiuti progressi non secondari. Eppure, gli esperti ci dicono che i mezzi di cui oggi disponiamo consentono di realizzare la prevenzione nel senso proprio del termine solo in casi rari: in realtà, molto più spesso ci troviamo di fronte alla scoperta più o meno precoce di un tumore già in evoluzione, dalle conseguenze purtroppo imprevedibili.

C'è dunque bisogno di un supplemento di impegno da parte di tutti, a partire dagli stessi cittadini, che nella partita della prevenzione giocano un ruolo di prima fila. Tanta parte della circolazione delle informazioni indispensabili a questo scopo passa proprio attraverso i singoli e fa leva sul loro senso di responsabilità nei riguardi del loro presente, ma anche delle generazioni che verranno.

Nel senso della prevenzione è chiaramente e positivamente orientato lo spirito che anima i vostri lavori e sono lieto di riscontrare che su questo fronte la comunità scientifica intenda concentrare le sue forze più consistenti.

Sono ovviamente consapevole che un supplemento di impegno è richiesto anche alla politica ed alle Istituzioni, e non solo sul terreno della prevenzione.

E' certamente importante il sostegno che la mano pubblica può assicurare alle iniziative volte a migliorare la conoscenza sia dei fattori di rischio che minacciano la salute della donna sia dei mezzi per prevenirli.

Ricordo ad esempio che un recente intervento legislativo, attuato d'intesa tra lo Stato e le regioni, ha finanziato un programma speciale volto a consolidare le attività di screening già in atto sul cancro del seno e del collo dell'utero. Ma il discorso è più ampio.

A fronte dell'attività dura e dispendiosa in cui sono impegnati medici, ricercatori, analisti, l'attenzione della politica appare spesso inadeguata. Conosciamo quanto sia pressante la loro aspirazione ad una condizione professionale adeguata, che consenta di metterne compiutamente a frutto le capacità.

Conosciamo anche i fattori di criticità che più pesano sulla realizzazione di questa legittima aspirazione. Le risorse per la ricerca restano ancora inadeguate, sia sul versante pubblico sia su quello privato. Molta strada deve essere ancora percorsa verso un'integrazione più razionale e sistematica tra università, ricerca e industria.

Ma le aspettative e le speranze di chi fa della prevenzione dei tumori femminili il cuore del proprio impegno professionale sono le stesse di tutti i cittadini.

Sono le speranze che tutti riponiamo in una società in cui le straordinarie energie intellettuali, il dinamismo e la determinazione delle donne possano esprimersi a pieno, senza dover affrontare le prove di patologie insidiose, difficili da riconoscere e sconfiggere anche per le più consapevoli tra loro.

Sono le stesse speranze che ci uniscono nel desiderio di preservare - nella sua integrità - la ricchezza e la vitalità spirituale che la presenza femminile porta nel cuore delle nostre famiglie e che tanta parte gioca nella maturazione di una società più coesa e solidale.

Per questo la politica e le istituzioni non possono né ignorare né eludere quelle speranze e quelle aspettative: l'entusiasmo sincero di chi si dedica alla cura di queste gravi malattie e la fiducia che i cittadini ripongono in quell'entusiasmo sono per l'Italia due risorse inestimabili, che si alimentano a vicenda e che non possiamo permetterci di disperdere.

Su questa strada c'è ancora molto da fare. Bisogna ad esempio ovviare al fenomeno della "fuga dei cervelli" dal nostro Paese, senza tuttavia cadere nella tentazione della chiusura e del provincialismo. La dimensione della scienza è per definizione internazionale e le presenze a questo convegno lo dimostrano oltre ogni dubbio.

Ma questo non può essere un alibi per rinunciare a coltivare le grandi risorse intellettuali che l'Italia ha dimostrato di potere esprimere: fare a meno delle grandi scuole della ricerca e della scienza significa fare a meno del movimento di pensiero che esse generano, del metodo che esse diffondono, della continuità nel tempo che esse possono assicurare ai traguardi raggiunti.

Molte altre ancora sono le frontiere su cui operare e gli obiettivi da raggiungere. Ma sono certo che saremo in grado di ottenerli se riusciremo a conservare lo spirito di apertura e di collaborazione che anima questa assise ed a mantenere salda una consapevolezza decisiva: porre costantemente al centro dell'impegno della comunità scientifica e della politica il primato della dignità della persona umana e dei diritti che vi si radicano, vedendo nell'uomo il fine, e mai il mezzo, di ogni attività di ricerca che voglia dirsi realmente tale.